Sono appena tornata dall’India.
La prima volta, un anno e mezzo fa, avevo giurato che non mi sarei più immersa in quella confusione infernale di persone, colori, animali e polvere. Sapevo di mentire a me stessa. Infatti bastò prendere l’aereo che mi avrebbe riportata a casa per sentirne già la mancanza, e scorgere quella fiammella d’amore fortemente intenzionata a non lasciarmi più.
Sono tornata in India, ma in un’India molto diversa da quella che avevo visto la scorsa volta. Sono stata in Tamil Nadu e Kerala, il Sud profondo che guarda a oriente e a occidente.
La prima nota che voglio ricordare di questo viaggio e’ la spiritualità respirata, qualcosa che non avevo scorto a Delhi o in Rajasthan. Li, piuttosto avevo trovato la secolarizzazione delle grandi città e i riti tribali che sanno più di superstizione che religione (ad esempio, la processione di donne che pregano affinché possano precedere il marito nella morte).
Nell’India del Sud, ho visto templi, templi, templi. Chiese, chiese, chiese. Poi qualche moschea ed anche una sinagoga. Soprattutto ho visto tanti fedeli.
Alcuni indossavano rosari, crocifissi, escapulari. Erano cosi vicini a me da farmi dimenticare passaporti, lingue e abiti. Altri invece avevano le fronti segnate da polvere bianca, rossa e gialla. Le ceneri sacre, la polvere di curcuma e quella del legno di sandalo. Tratti verticali invocano la protezione di Visnu, tre segni orizzontali e un pallino al centro accomunano i fedeli di Shiva. Anche le automobili, se sono state benedette, hanno segni simili sui cerchioni. Poi ci sono le porte e gli scalini delle case, decorati in intricati disegni di polvere di riso bianchissimo a sfamare piccole creature in segno di rispetto e cura per tutto il creato.
In Tamil Nadu ci sono le vacche, le adorate vacche sacre! Io le amo alla follia. Sono bellissime, anche se magrissime. Mangiano tutto quello che trovano, inclusa la carta. Tutti le accarezzano e ci scambiano qualche parola. Il Kerala, invece, e’ uno dei pochi Stati indiani in cui la carne di manzo può essere mangiata quindi ci sono poche vacche in giro…ben rimpiazzate pero’ dalle capre. Mio grande amore anche loro, nonostante non siano sacre!

Sono entrata in templi bui come caverne, a piedi nudi. Sono uscita con i piedi neri come la pece, ma il cuore chiaro e leggero. Non importa quale dio si preghi, sono i gesti, la fiducia, la speranza che ci tengono legati. Le donne distribuiscono petali di fiori, noci di cocco e polvere di sandalo sulla terra nuda, invocando preghiere che non sono per me nulla più che rapidi movimenti di labbra ed espressivi battiti di palpebre. Eppure qualcosa di più arriva al mio spirito e mi sento straordinariamente vicina alle loro litanie.
I bramini con enormi pance perfettamente rotonde, i corpi decorati di mille segni tracciati dalle ceneri sacre, le corone di fiori adagiate sul petto nudo, un pezzo di cotone purissimo a coprire centimetri di pelle e gli occhi enormi che accomunano tutti gli indiani, alla faccia dello spietato sistema di caste.
Ho visto chiese costruite dai portoghesi, dagli inglesi, dai francesi e dall’ordine delle canossiane. Sono chiese bianchissime, ma anche dei colori più accesi. Dal finestrino dell’auto ne ho vista una color rosa confetto, con i profili magenta e le finestre di gesso candido; accanto una fila di panni lilla stesi al sole. Ho assistito a un fioretto della sera, dove la Vergine era bellissima avvolta in ghirlande di fiori bianchi più preziosi di oro e diamanti. Poi gli altari decorati di mille lucine come nei giorni del Natale, che sì sembrano più allegri ma non per questo meno solenni.
Mi hanno detto che la differenza tra Nord e Sud in India stia proprio in questo approccio diverso alla spiritualità. Il Sud prega e accoglie l’altro. Il Nord e’ meno spirituale e paradossalmente meno tollerante della diversità religiosa. Chi me lo ha detto e’ sicuramente di parte, ed io ne so troppo poco per esprimermi. Tuttavia, in questo viaggio nell’India del Sud ho visto numerose mani giungersi in preghiera, ho scorto ad ogni angolo labbra intente a invocare una litania, e ho camminato a piedi nudi su pezzi di terra consacrata.
Quando si parla di India la prima cosa che viene in mente è proprio la sua spiritualità, i riti, le cerimonie, i monaci scalzi con le loro tuniche accese.
Magari è quella del sud la vera India!
Ricordo infatti di essere tornata dal primo viaggio in India con un po’ di perplessità in merito a quello che tutti mi raccontavano sulla spiritualità…perche’ anch’io avevo la stessa tua immaginazione
che fascino l’India…io sono stata a Bangalore per un matrimonio ed è stato intensissimo…
Che sogno i matrimoni in India…me ne sono fatta scappare uno, ma spero di rimediare presto!