Quello della Cambogia e’ un ricordo a tinte tenui.
Il colore impercettibile della polvere che si solleva da una terra rossa, le radici degli alberi che coprono di nodi argentei templi immersi in un sonno millenario, e poi il verde pallido della citronella adagiata su mango acerbo.
Della Cambogia ho visto un pezzetto piccolissimo. Un luogo probabilmente per nulla esemplificativo di una società certo piu’ complessa e frastornata da una tragica guerra recente.
Siam Reap accoglie ondate di turisti che ogni giorno arrivano ad ammirare le rovine di Angkor Wat e di altri templi nei dintorni.
Ho apprezzato molto quei templi. Simbolo della gloriosa storia passata di questo Paese e il rimando a una prospettiva storica che troppo spesso si limita all’Eurocentrismo.
I templi sono esattamente come li avevo immaginati, ovvero come raffigurati nelle fotografie, documentari e film. Sono tantissimi. Sparsi su un raggio piuttosto esteso. Alcuni sono chiari come la pietra, altri lasciano intuire un tono latteo scurito dai secoli, poi ci sono quelli rossi come la terra di cui sono fatti.
Della Cambogia, o meglio di Siem Reap non riesco a ricordare molto piu’ che quei templi.
Questo perche’ della società, della gente, delle usanze e tradizioni ho visto poco. Anzi pressoché nulla.
Ho visto manciate di case, alcune di paglia intrecciata, lungo il tragitto per raggiungere un tempio appena fuori citta’. Ho visto buoi d’ acqua e aratri trascinati a mano. Ho visto la gente attendere il ritmo lento delle campagne.
Impressioni rapide, dal finestrino dell’auto.
Il resto della civiltà che mi e’ passata davanti agli occhi durante quei giorni e’ stata approssimativa modernità piegata al capriccio del turismo. Un turismo che probabilmente e’ arrivato troppo presto e non ha lasciato tempo alle ferite della guerra di rimarginarsi.
Dal mio viaggio cambogiano non ho portato a casa nulla, nonostante le strade cittadine fossero piene di mercati e negozi di souvenir. Nulla di ciò che era in vendita, tuttavi, era tipicamente cambogiano. Un miscuglio di oggetti provenienti da altre tradizioni, thailandese, cinese, vietnamita, indonesiana. Oggetti che alimentano una diffusa concezione di Asia come cultura omogenea e stereotipata.
Giustifico la Cambogia per questo. Perché, come ho già detto, il suo tragico passato e’ ancora troppo vicino al presente per poter rispolverare tradizioni autoctone da offrire al turista.
L’unico terreno di già avvenuta riscoperta delle origini e’ forse quello culinario. Un discorso a parte va fatto (e faro’) per la cucina cambogiana.
Per il resto, questo viaggio mi ha lasciata con una strana sensazione addosso. Immagini appannate, un pizzico di oblio e…la certezza che se potessi muovermi ogni giorno in tuk-tuk sarei almeno il 10% più felice!
Sarà il mio prossimo viaggio!!! Lo consiglieresti?😊
Si, lo consiglierei! Ma se parti dall’Italia, forse é bene combinarlo con altre mete (Bangkok?!) 🙈
Bangkok l’ho già vista per molti giorni pensavo di fare Siem Reap e magari Battambang 6 giorni e poi 6 giorni tra le isole tipo Phuket
Ottimo anche così! Dico di abbinare Siem Reap ad altro perché cmq dopo 4-5 gg al massimo non c’è più nulla da vedere
Ottimo proprio come volevo fare io😎
Mamma che bei posti…..
Bellissimi davvero! 💛