Singapore: Uno Sguardo Oltre l’Apparenza

Sono quasi cinque mesi che ho lasciato la mia dolce Hong Kong per continuare un altro pezzo di cammino, qui a Singapore.

Ad Hong Kong ho cominciato ad annotare le mie impressioni sin dal primo giorno…tutto era nuovo, ogni cosa rappresentava una piccola scoperta, non volevo perdere neppure un pezzetto di quello che stavo imparando. A Singapore e’ stato certamente diverso: qui avevo già trascorso soggiorni più o meno lunghi che mi avevano dato un’idea della citta’, al contempo non ero più da sola…tutto ciò mi ha permesso di adattarmi più facilmente, in un tempo abbastanza rapido, senza pero’ privarmi della gioia/fatica di dover comprendere come muovermi in uno spazio quotidiano nuovo.

E’ giunto ora il momento di cominciare a scrivere di questa citta’, di andare oltre la sua apparenza e rivelare quelle impressioni che stanno sbocciando dopo i primi mesi di vita qui.

Singapore ha due facce. Una mi piace, l’altra non troppo.

La prima faccia e’ quella della tradizione culturale e della presenza multietnica. Questa faccia mi piace.

A Singapore ci sono i quartieri di Little India, Chinatown e Arab Street. Profumano di curry, ravioli al vapore, hummus. Ci sono templi induisti, chiese cristiane, monasteri buddisti, moschee…a volte sorgono lungo la stessa strada, distanti solo una manciata di metri l’uno dall’altro.

A Singapore mi piace prendere i mezzi pubblici, sebbene siano di una lentezza snervante…(ho promesso di non fare paragoni con HK, quindi mi fermo qui! 😶) Adoro prendere l’autobus e perdermi tra i colori della gente, mille sfumature della nostra pelle, dei nostri occhi.

Poi ci sono gli abiti…a Singapore ho visto indossare la tradizione come in nessun altro centro urbano al mondo. I malesi con il songkot poggiato sul capo e le dita adornate da anelli grossi come ciliegie. I vecchietti cinesi coperti di enormi tatuaggi (rugosi) che sanciscono indelebili appartenenze di gruppo. Le donne indiane con i lori saree sgargianti, gioielli tintinnanti e ghirlande di fiori tra i capelli.

Sebbene ci sia una straordinaria convivenza civile tra razze così differenti, immagino che questa forte ostentazione della propria identità culturale funzioni come una sorta di rivendicazione di appartenenza e diritto di esistere come gruppo ben distinto dagli altri.

Anzi. Credo ci sia mera convivenza (o un’approssimazione di essa), più che un vero incontro tra le diverse culture. Gli indiani continuano a fare la spesa a Little India, i musulmani hanno la maggior parte delle loro attività commerciali nei dintorni di Arab Street. I cinesi…no, i cinesi sono un po’ diversi, perché numericamente ed economicamente nettamente in vantaggio sugli altri…quindi più sparpagliati.

La seconda faccia di Singapore, quella che non mi piace, riguarda la sua idea di sviluppo. Devo ammettere che pur preferendo la tradizione alla modernità, mi trovo spesso con il naso all’insù ad ammirare edifici futuristici che comunque rientrano nei miei canoni di bellezza. Adoro il Garden By the Bay, l’Esplanade, The Concourse, o il Parkview Square.

Quello che proprio non mi va giù sono i tentativi (non riusciti) di preservazione del patrimonio culturale.

I rifacimenti delle facciate o degli interi palazzi storici? No, quelli non contano come preservazione dell’heritage, quelli sono totali brutture! Mettere le lanterne lungo le vie di Chinatown e riempire le strade di negozi che vendono bacchette, kimono (alla faccia del sentimento anti-nipponico che impervia in Cina) e peluche a forma di panda? Beh, neppure questo conta come preservazione!

A Singapore esistono delle strade che ancora non hanno subito questo processo di ‘preservazione’, ma sono quelle più laterali e nascoste. Ben lontane dalla sguardo dei turisti…che, poi, non sono neppure sicura apprezzerebbero a giudicare dal numero di facce soddisfatte nei negozi di Chinatown.

Eppure e’ proprio in queste strade intaccate in cui si respira ancora un’aria di autenticità, dove mi perdo a immaginare quanto bella potesse essere questa città fatta di case dai colori pastello, piastrelle variopinte, e decori di gesso…

C’e’ un posto che mi piace più di ogni altro qui a Singapore. Little India. Come solo gli indiani sanno fare, tutto (o quasi tutto) e’ rimasto immerso in una bolla. Dove non si capisce se il tempo si sia fermato perché qualcuno abbia voluto così, o più semplicemente perché nessuno si sia dato la briga di cambiare le cose…e forse e’ addirittura meglio!

2 commenti Aggiungi il tuo

  1. librointasca ha detto:

    È stato piacevole leggere il tuo post, sono luoghi che non conosco. Ancora immersi nel mistero. Grazie!

    1. Diecimila Miglia ha detto:

      Grazie per essere passato dal blog, caro Librointasca!

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